Pratico la Riflessologia Plantare da tempo, ma ho imparato a non darla mai per scontata: è una fonte inesauribile di sorprese e di conoscenze. Quando penso di aver raggiunto un nutrito bagaglio, eccola stupirmi con una nuova alchimia o un’intuizione colta al volo che mi regala un risultato inaspettato. E il viaggio ricomincia.
Marina è venuta da me con una pesante cervicalgia recidivante, si trovava ormai in una situazione di continuo dolore anche notturno, rigidità, movimento impossibile, vertigini, nausea, da parecchio costantemente sotto antinfiammatori, poi sospesi per spiacevoli effetti collaterali, e antidolorifici.
Era veramente provata emotivamente, scoraggiata dall’assenza di risultati, il che contribuiva a peggiorare la situazione. Lo sconforto era alle stelle.

Il messaggio

La decodifica biologica collega le problematiche cervicali (e ossa e muscoli in generale) ad un conflitto di svalutazione, il cui valore cambia a seconda del tratto interessato.
Marina – moglie madre figlia sorella piccola – aveva alle spalle e viveva ancora una situazione famigliare pesante, coercitiva, preoccupante.
Non riusciva a farsi capire- e aveva rinunciato a farlo – non diceva quello che veramente voleva dire, non reagiva come avrebbe realmente desiderato, una professione riposta nel cassetto. Si era trasformata in una donna poco flessibile per adeguarsi ad un contesto rigido e cristallizzato, castrata.

Non alzava la testa, non poteva guardare di fronte a sé perché, nella sua percezione, non c’era nulla da vedere, nessun obiettivo da raggiungere, nessuna via d’uscita; non riusciva a trovare il coraggio di dire no, di delegare, di mettersi al primo posto, complice la paura dei sensi di colpa che si sarebbero potuti aggiungere ai molti già presenti.
Capo chino di fronte a situazioni che, in realtà, non voleva affrontare, per paura di perdere le persone amate o una forma di stabilità illusoria, timore di deludere, del giudizio, delle critiche:
<< Non voglio girare la testa perché non voglio sapere cosa dicono o fanno alle mie spalle; se non guardo indietro è come se tutto questo non esistesse >>.

Il percorso

Abbiamo parlato, innanzitutto.
Realizzando di trovarsi in un luogo sicuro, libera di aprirsi sentendosi tutelata e ascoltata nelle sue fragilità è riuscita, con il proprio tempo e modo, a raccontarsi.
Ognuno di noi è un tempio e, come tale, va trattato, protetto e rispettato. Questo per me è un fondamento.
Scelto insieme il percorso che sentivamo più adatto, abbiamo iniziato lavorando con la Riflessologia Plantare – Gestione del Dolore, Limbica e Nervi Cranici in particolare – abbinata a specifici oli essenziali per tre giorni consecutivi, poi a cadenza settimanale per altre tre sedute, dopodiché distanziando man mano nel tempo.
Già dalla sera del primo trattamento e nei giorni a seguire non sono più stati necessari antidolorifici, con un importante miglioramento costante e progressivo.

Marina è stata ammirevole, ha avuto perseveranza, nonostante la considerevole distanza e le oggettive difficoltà, ma non ha desistito e ha seguito tutta la strada tracciata insieme.
Con un rinnovato entusiasmo e motivata dai risultati, ha in seguito cercato nella Tecnica Metamorfica un sostegno verso un cambiamento che, ormai, sentiva imperante: sciogliere condizionamenti, situazioni, paure e blocchi che fino a quel momento avevano impedito all’energia vitale di fluire libera.

Questo ha significato vedersi e vedere con occhi nuovi, lasciarsi avvolgere dal calore e dalla bellezza di una vita che illumina e riscalda anziché oscurare e congelare.
Ha significato mettersi al primo posto ed esprimere i propri bisogni.
E’ avere il coraggio di essere.
Di chiedere aiuto.
Di accettare quelli che consideriamo i nostri lati oscuri (ma non significa che lo siano realmente: parliamo sempre di percezioni soggettive) come parte di noi e delle nostre esperienze, rendendoli punti di forza o, comunque, di partenza.
Significa darsi nuovamente delle opportunità e stimoli per crescere.
Significa ri-cominciare ad amarsi e attraverso l’Amore essere guaritori di noi stessi.
Significa osare.
E il viaggio, è già parte del tesoro che stiamo cercando.

Le domande che raccontano

• Sto facendo quello che voglio?
• Sono dove voglio essere? Sto con chi voglio stare?
• Non voglio chinare il capo alla situazione?
• Mi sento costretto ad abbassare la testa per non deludere gli altri? Per rispettare “l’autorità”? (Padre, madre, datore di lavoro ecc.)
• Non riesco ad andare a testa alta?
• Non voglio guardarmi alle spalle? Il solo pensiero che mi possano criticare o giudicare mi fa sentire una nullità?
• Sto dando per certo che ovunque io possa volgere lo sguardo non c’è, comunque, soluzione?
• Riesco a dire no? Quante volte ho accettato nonostante desiderassi il contrario?
• Posso andarmene da questa situazione? Oppure, posso trovare la giusta misura? Posso trovare una strategia?

 

Se ti risuona, aggiungi un passo.

 

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