Samain o Samahin segnava l’inizio dell’anno per i Celti, la Natura entrava nella Stagione Scura, il lungo periodo invernale: era il tempo per celebrare ciò che è sepolto nella terra; come i semi attendevano di trasformarsi in futuri raccolti, così i defunti attendevano sotto terra di rientrare nel ciclo vitale, le porte del Mondo degli spiriti si aprivano per mettere in
contatto i due mondi … gli spiriti degli antenati tornavano a camminare tra i vivi…

Il capodanno celtico era un giorno fuori dal tempo e dallo spazio, nelle nebbie che si intravedevano sulla soglia fra i due mondi, quello terreno e quello spirituale, uomini e creature fatate, spiriti, demoni potevano incontrarsi.
E’ usanza lasciare una candela accesa davanti alla finestra per guidare gli antenati a ritrovare la loro casa e un po’ di cibo e vino per ristorarli.

I Celti non temevano la morte e i morti e credevano che essi ritornassero sulla terra in particolari momenti dell’anno: così alla festa di Samahin i vivi accoglievano i loro antenati e discendenti accendendo falò e fuochi e preparando del cibo e delle bevande per loro. L’antica usanza si è consolidata in molte tradizioni d’Europa ed era ancora una consuetudine contadina negli anni del secondo dopoguerra.
Ormai della Festa dei Morti è rimasto il giro al cimitero per portare i fiori freschi sulle tombe (o sfoggiare il bouquet più bello) e la carnevalata di Halloween: una volta si lasciavano sulla tavola o alle finestre pane, patate o ceci bolliti, castagne lesse o arrostite, oppure la “minestra dei morti” (riso o orzo cotto nel latte) ma anche vino e sidro, latte o semplicemente l’acqua; le donne preparavano dei dolci speciali detti pan, ossa o fave dei morti per i bambini e i soulers i questuanti che andavano di casa in casa.

Il defunto ritornava in vita anche se solo per una notte, quella più magica dell’anno e veniva ringraziato e imbonito con delle offerte!

I nostri morti sono l’humus della terra in senso materiale e spirituale. Scrive la Bonnet: “Nelle società tradizionali, la ricchezza, la vita simbolizzata dall’imperativo “Crescete e moltiplicatevi” è dovuta ai morti. Questi defunti non hanno più una funzione evidente nella società dei visibili, poichè sono la controparte non visibile della forza vitale. I morti, i geni tutelari, vivono nelle viscere della terra, considerata come “nostra madre universale”. (J. Bonnet La terra delle donne e le sue magie, 1991).
E’ come dire che sono i morti che nutrono i vivi, una verità sacrosanta perchè nulla muore mai veramente ma concorre al ciclo vita-morte-vita.

~ Fonte: Taccuini Storici ~

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